Dove siamo?

Bella domanda. Se lo stanno chiedendo tutti in sala.

Dove siamo?

Se questo è il primo post che leggete, è molto probabile che abbiate raggiunto questo sito dalla mia pagina Facebook o Instagram il giorno stesso in cui ho deciso di renderlo pubblico, e dovremmo avere sufficiente confidenza da sapere cosa faccio. Per il momento quindi non dovrebbe essere necessario presentarmi. Ho deciso di aprirlo per dedicare uno spazio specifico agli argomenti di cui discuto online - che si tratti di cultura o di politica - e alla mia attività come lavoratore autonomo dell'editoria. Avevo bisogno di uno spazio personalizzabile anche dal punto di vista estetico, nelle mie possibilità limitate, per provare a comunicare su più livelli l'idea che mi sono fatto del mio lavoro e degli argomenti che tratto.

Per capirci meglio: anziché scrivere dei post lunghissimi su Facebook, se avrò qualcosa da dire o da commentare rispetto alla polemichetta della settimana lo troverete qui. Una pagina del sito è dedicata ad alcuni degli articoli che ho pubblicato su riviste online negli scorsi anni e verrà aggiornata man mano. Sto allestendo uno spazio dedicato ai lavori di traduzione e di proofreading che ho svolto. Il sito cambierà man mano, grafica compresa. Nell'immediato, per me era importante distinguere uno spazio pubblico di lavoro e di scrittura dalle piattaforme dei social media. Forse c'è anche un tocco di nostalgia del tempo dei blog e dei forum. In futuro è possibile che apra il sito ai commenti per agevolare la discussione.

A volte alcuni pensieri non riescono a coagularsi in forma scritta e serve aiutarsi con altri mezzi per comunicarli. Uno spazio più personalizzabile anche sul piano estetico, con una politica meno proprietaria e più aperta può aiutare. A volte ci manca la voglia o l'energia per produrre un testo scritto e leggibile in una forma editorialmente compiuta - un articolo, un libro, un commento. Avere uno spazio dedicato a scribacchiare può servire a fermare qualche punto sulla mappa in attesa di tornarci. Beninteso, niente di questo è "la rivoluzione". Ma se nel collasso è ancora possibile imbattersi in qualcosa di meglio per sé, tatticamente vale la pena approfittarne.

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