Bio (but not so organic)
Allora affermare che l’intellettuale “operatore culturale” è un lavoratore come un altro, che cosa significa? Se vuol significare che egli debba misurarsi con altri lavoratori, di altre specialità, per fini comuni, sarà inutile dirsi d’accordo ma meno inutile rammentare che, per non essere chiacchiera, ciò implica un disegno strategico e uno tattico. Ma se – al fine di esortarlo a salutare modestia – deve servire solo a farlo restare, anzi a dargli la coscienza di essere, una deforme figura, colpevole perché privilegiata, questo significa in verità confermarlo nel proprio ruolo sociale. L’apprensione della propria condizione di forza-lavoro vale insomma solo se è seguita dall’apprensione della propria specificità: è questo secondo ed ulteriore momento che veramente ci distanzia dagli ideologici fantasmi di privilegio. Viene perfino il sospetto che la fissazione a quel ruolo adempia una funzione rituale: come dimostrerebbe la ininterrotta esposizione degli intellettuali alla denuncia politica nei partiti e nei governi comunisti e, al tempo stesso, la loro ininterrotta conferma nel ruolo.
Franco Fortini, Contro l’industria culturale. Materiali per una strategia socialista, Guaraldi 1971
Si mettono le mani sui libri in diversi modi, a diverse condizioni, in diversi momenti della loro produzione – l’industria culturale è, a tutti gli effetti, un’industria, con la sua divisione del lavoro. Sono nato e cresciuto a Palermo dal 1990 al 2008, ho studiato e mi sono addottorato in storia dell’arte (in particolare su questioni di storia dell’illustrazione scientifica e sviluppo protocapitalistico nel Sei e Settecento) a Pisa e Firenze tra il 2008 e il 2021. Dalla prospettiva dell’università, nella maggior parte dei percorsi umanistici, questa divisione del lavoro non si vede: si guarda dal punto di vista appannato dell’autore. Ma non tutti possono essere autori a tempo pieno (chi con uno stipendio di ricerca, chi con i proventi delle vendite), meno ancora nella saggistica: diventare uno degli ingranaggi della filiera dell’industria culturale è uno dei possibili esiti dei percorsi di formazione umanistica. Specialmente nella saggistica, il gesto del lavoratore dell’editoria è un gesto riflesso e consapevole. C’è chi è armato di maggiore precisione ed eccelle nelle funzioni di preparazione del testo e chi manipola meglio l’andamento macroscopico del testo, ma tutta la parte intellettuale del lavoro editoriale richiede specifiche competenze culturali sviluppate separatamente da quelle manuali. Sono tra i secondi, e abbastanza privilegiato da poter studiare e leggere delle lingue straniere fin da quand’ero piccolo, e questo non mi rende più che un onesto mestierante tra gli altri professionisti. Nel tempo è declinato il mio interesse nella letteratura e aumentato quello per la saggistica; vizio di forma o idiosincrasia, è pur sempre una specializzazione. Mi sono dedicato per lo più alla teoria politica, alla cultura contemporanea e alla storia dell’arte, per vicinanza dettata da storie di vita vissuta e scritta. Non sempre allo stesso tempo. “In questo mio presente, mentre scrivo queste cose, migliaia di altre faccende restano in disparte trascurate. Il momento ammette solo una azione, mentre tutte le altre possibilità giacciono non realizzate. L’attualità è l’occhio della bufera”. Ho superato i trent’anni, ho perso i capelli, mi sono iscritto in palestra – il mondo gay non perdona trascuratezza estetica, che si tratti di un ricercato sfasciarsi o di un apollineo impeccabile – e in molti sensi ho smesso di fare politica (va bene, fuor di metafora: mi sono trasferito a Bologna, il fag luna park che possiamo permetterci in Italia). Forse adesso ho tutto il tempo di scrivere, tradurre, diffondere. Per quanto possibile, onesto manovale della manipolazione di segni. “Gioiosa collera di Nietzsche: "Ti ho colto nichilista! [...] Solo i pensieri che vi vengono camminando hanno valore". Ma anche Nietzsche aveva il sospetto che lo scrittore non sarebbe mai stato in piedi”. Non contemporaneamente, Jacques. Ma fa sempre bene un po’ di stretching mentre si lavora al computer tutto il giorno.